Yama e niyama

In periodi come questo è facile riflettere sui “grandi temi”.
pensavo alla struttura dello Yoga, così come enunciata dal saggio Patanjali col suo “yoga in otto parti”
e pensavo a Yama e Niyama, le astinenze e le osservanze, che dovrebbero costituire la base morale dello Yoga.
chi mi conosce lo sa, tendo a mettere in discussione qualunque cosa, approfondendo, destrutturando, per poi vedere cosa rimane.
uno dei concetti base di Yama e Niyama è ovviamente la non violenza, Ahimsa.
credo sempre che ci siano due modi di vedere le cose: rimanendo in superficie, e quindi prendendo Yama e Niyama come precetti da seguire,
oppure andando in profondità, e quindi capire perché ci siano queste indicazioni e come sono nate.
perché nello yoga la teoria nasce dalla pratica, e dovrebbe sempre riportare ad essa.
cos’è la non violenza? questa magnifica regola di vita, arma principale di grandi anime come Cristo o Gandhi.
questa estate sono stato in Africa, lavorando come volontario per gli animali in via di estinzione.
durante la mia prima pattuglia, ho visto una leonessa mangiare un bufalo che aveva appena ucciso.
tendenzialmente siamo tutti d’accordo nel dire che quella è natura, che egli animali uccidono per mangiare, che non c’è vera crudeltà.
la crudeltà è l’uomo che uccide un altro uomo.
è sconvolgente il fatto che oggi le persone che uccidono riescano ad avere dentro di loro una giustificazione “morale”,
che si sentano perfettamente nel giusto (perché dobbiamo arrenderci a questo fatto). la morale può essere fino a questo punto deviata.
ma allora?
cos’è il male e da dove nasce?
può esistere il male in un universo senza forme di vita, fatto solo di stelle e pianeti morti?
così come la morte in natura non è intrinsecamente crudele ma una necessità, mi sembra che il male nasca con la nascita della coscienza.
con il senso dell’io/ego, l’uomo ha iniziato a dividere tra giusto e sbagliato, tra mio e non mio, creando limiti e divisioni.
per quanto il progresso scientifico sia stato incredibile, a livello di coscienza siamo ancora nella preistoria,
con lobi frontali troppo piccoli e surrenali troppo grandi, diceva un mio grande mito.
forse è proprio così, questa identità umana di cui andiamo tanto fieri e che ci fa sentire i padroni del mondo,
è solo un primo abbozzo, infantile, di quello che potremmo essere.
oggi più che mai vediamo come il limite, che per sua natura racchiude qualcosa di prezioso, tende a separare e creare opposizione.
Ahimsa può essere un precetto o il risultato di un percorso. e io propendo sempre per la seconda.
se la coscienza crea il male, una maggiore coscienza lo sradica.
riscrivo:

se la coscienza crea il male, una maggiore coscienza lo sradica!

per me è la cosa più affascinante di tutte, il fatto che da molecole autoreplicanti,
organizzate in comuni sempre più grandi, si sia arrivati a noi.
da un programma biologico ovvio, la capacità di osservare l’ambiente
e di creare dei modelli, delle proiezioni per sopravvivere, si sia arrivato al pensiero astratto.
che da richiami di pericolo o di chiamata a raccolta si sia arrivati alle parole,
che hanno modellato il nostro modo di pensare!
alla fine, l’uomo è l’animale che riconosce.
riscrivo.

l’uomo è l’animale che riconosce!

che si fa domande su se stesso e sul mondo.
è la creazione che vede se stessa e rimane stupita!
quando la coscienza diviene “maggiore coscienza”, o consapevolezza, possiamo riconoscere il mondo esterno, e noi stessi nel mondo.
apprezziamo la complessità della natura e la sua straordinaria fragilità.
se la coscienza ci fa sentire padroni del mondo, la consapevolezza ci trasforma in custodi.
perché se capiamo questo mondo, non possiamo fare altro che metterci al suo servizio.
il vero padrone, serve tutti gli altri.
dedico queste parole confuse, scritte alle due di notte, a tutti gli insegnanti di Yoga, me per primo,
che si possa fare una posizione in meno, chiudere i libri di testo con cui riempiamo la nostra mente,
e che si possa rendere viva questa pratica, e rimanere come un faro puntato sulla consapevolezza.
namaste


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