dharana, la concentrazione

Dharana – la concentrazione.

 

Oggi volevo iniziare ad approfondire gli stadi più alti dello Yoga, almeno per quanto riguarda la loro presenza nella pratica fisica.

Nel Raja Yoga di Patanjali, il saggio individua otto passi, o stadi, da approfondire.

In questo percorso, chiamato astanga, – appunto, otto stadi – le asana, o posizioni, sono solamente il terzo passo.

Un ottavo di un percorso, che però oggi domina l’espressione dello yoga in modo quasi unanime. Tutto il resto è almeno in secondo piano, troppo spesso quasi dimenticato o appena accennato.

Eppure c’è una promessa di grandezza nello yoga, che ci rifiutiamo di abbracciare!

Andiamo con ordine.

Gli otto stadi dello yoga sono:

yama – le astensioni;

niyama – le osservanze;

asana – le posizioni, appunto;

pranayama – la respirazione;

pratyahara – il ritiro dei sensi;

dharana – la concentrazione;

dhyana – la meditazione;

samadhi – l’assorbimento totale.

(le traduzioni sono necessariamente parziali, su ogni aspetto potremmo e dovremmo starci per anni).

Per molte persone, sicuramente per molti miei allievi, la pratica fisica costituisce il 90% di quello che facciamo.

Questo è il “contro” di lavorare in una palestra: nelle lezioni al nostro centro ovviamente la struttura della lezione cambia, ma è negli approfondimenti – workshop o ritiri – che c’è il giusto spazio per queste pratiche fondamentali.

Ma come possiamo integrare samayama (l’unione delle parti più alte dello yoga) nelle nostre lezioni settimanali?

Da una parte è vero che astanga è un percorso in qualche modo lineare: pratico le asana, mi preparo per il pranayama, questo mi prepara per la concentrazione e la meditazione e così via.

Al contempo, però, ogni passo è presente in ogni altro.

Come potremmo fare una asana senza respirazione? Senza concentrazione?

In realtà, quindi, la possibilità di praticare ogni aspetto dello Yoga è sempre presente, tutto sta ad approfondire la consapevolezza di quello che facciamo.

Attraverso questa consapevolezza il potere del nostro intento aumenterà, di conseguenza aumenterà l’efficacia della nostra pratica.

E’ importante ricordare che ogni volta che la mia mente si lascia catturare dalla fisicità di una posa, o dalla difficoltà di essa, magari a scapito della mia serenità in quel momento, ogni volta che mi “perdo” in qualche modo, esco dalla condizione di Yoga, di unione.

È evidente allora che Dharana, la concentrazione, sia un aspetto fondamentale in ogni pratica.

Qui entra una distinzione fondamentale: cosa intendiamo esattamente con la parola “concentrazione”?

La domanda sembra superflua, ogni testo traduce il termine dharana con concentrazione, perché mai dovrebbe servire una precisazione?

Semplicemente perché nella pratica Yoga il termine indica energia, intento e disciplina ma non, a differenza della nostra concezione, sforzo.

Potrebbe sembrare una distinzione sottile, d’altra parte come si può dividere la disciplina dallo sforzo?

Eppure c’è una semplicità nell’accezione yogica, una leggerezza che a volte a noi manca.

Riusciamo ad immaginare, invece di forzare la mente a concentrarsi, il semplice atto di (ri)posare la mente in un punto?

Provare e riprovare è ovviamente l’unico modo di entrare davvero in questo concetto.

Durante la pratica fisica spesso ci appoggiamo al vinyasa: si ascolta il suono del respiro, ed il respiro stesso conduce il movimento.

Appaiono le prime difficoltà ogni volta che la posa e la sua esecuzione prendono nella nostra mente il sopravvento. Scordiamo il respiro per “riuscire”, per avere efficacia.

Questo appare evidente quando c’è una difficoltà, sia soggettiva (il nostro corpo non riesce ad eseguire agevolmente una posa, per qualunque restrizione fisica) che oggettiva (stiamo eseguendo una posa oggettivamente complessa o faticosa (una qualunque sospensione sulle mani).

In realtà questo è il motivo principale per cui nel nostro approccio sono presenti queste asana: sono un meraviglioso test della capacità della nostra mente di rimanere quieta e serena nella difficoltà.

All’inizio del percorso è comune anche perdere il focus sul nostro respiro e sul nostro corpo semplicemente perché cerchiamo di seguire le indicazioni dell’insegnante, o magari perché ci sembra che tutti gli altri siano più bravi e riescano, mentre noi siamo dei pezzi di legno.

Ci siamo passati tutti!

Lentamente però la focalizzazione sul respiro e il suo suono inizia a dare i suoi frutti. La pratica assume fluidità e pienezza, addirittura bellezza. E questo indipendentemente dalla flessibilità del praticante.

Giorno dopo giorno riusciamo a percepire cosa significhi riposare la mente nel dharana, in assenza di sforzo, e l’atto di concentrare diviene più semplice ed efficace.

La traduzione yogica di Dharana dovrebbe essere: “l’azione di fermare la mente in un punto e riportarla in quel punto quando la mente, per sua natura, si distrae”.

La seconda parte è fondamentale, ci dice già che ci distrarremo!

Come vedremo nella evoluzione della pratica, è la parte più importante del termine, e l’inizio del cammino spirituale.

Per ora rimaniamo consapevoli del fatto che la mente per sua natura tende a vagare, e che va  bene se succede!

Il movimento ed il respiro insieme (vinyasa) ci aiutano proprio a questo. Convogliare le energie della mente in un punto, per aumentare l’energia della nostra concentrazione. Durante la tua prossima lezione di Yoga, porta attenzione a questo concetto, lavora su Dharana, non come sforzo ma come essere nella posa/respiro con semplicità!

 

namaste

 

 

 

 


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